Il negazionismo del cambiamento climatico viene da lontano
Alcune riflessioni a seguito della lettura del libro: "La
maledizione della noce moscata" di Amitav Ghosh, Neri Pozza editore.
La colonizzazione olandese di alcune isole delle Molucche in cui crescevano gli alberi di due costosissime spezie, la noce moscata e i chiodi di garofano, tra il '500 e il '600 con lo sterminio dei nativi che da secoli coltivavano queste piante nel rispetto dell'ambiente particolare di queste isole vulcaniche e che commercializzavano le spezie in maniera comunitaria è il punto di partenza di un più ampio ragionamento attorno alla colonizzazione conseguente alla scoperta dell'America e delle rotte portoghesi verso l'Asia circumnavigando il continente africano.
...Perfino
in Europa, la visione meccanicista del mondo aveva appena cominciato a prendere
forma, e solo fra le élite direttamente o indirettamente coinvolte nei due
grandi progetti europei dell’epoca: la conquista delle Americhe e la tratta
degli africani ridotti in schiavitú. Fu la trasformazione di esseri umani in
risorse mute a permettere il balzo concettuale in seguito al quale divenne
possibile ridurre all’inerzia la Terra e tutto ciò che conteneva. In questo
senso uomini come Coen, Sonck e i loro predecessori (nota: sono i predatori olandesi della noce moscata!) furono non solo
colonialisti, ma anche filosofi; la loro violenza nei confronti dei «nativi» e
delle terre che abitavano pose le fondamenta delle filosofie meccaniciste che
in seguito sarebbero state attribuite a loro contemporanei quali Descartes e
Mandeville, Bacon e Boyle...
La Terra e tutte le specie vegetali e animali (comprese le popolazioni umane africane trasformate in schiavi) non riconducibili ai dominatori dell'epoca (le nuove potenze coloniali: Spagna, Portogallo, Regno Unito, Olanda...) acquistano un valore esclusivamente commerciale. La Natura perde qualsiasi valore vitale anche nell'arte ad esempio:
...le "nature
morte», un genere pittorico che divenne enormemente popolare proprio in quel
periodo. Quelle tele, con i loro «muti assemblaggi di cibo», riflettono
perfettamente, fin dal nome del genere cui appartengono, la concezione
coloniale della «natura» come una vasta massa di risorse inerti...
Compaiono dei nuovi "Comandamenti":
...scrive lo
storico Greg Grandin, «e nel far ciò crearono una nuova tavola dei
comandamenti: “Instaura il potere su questo mondo, ovunque per sua natura
selvaggio”. “Sottometti la natura”. “Vai avanti”. “Conquista luoghi selvaggi”.
“Prendi possesso del continente”. “Fatti strada”. “Accresci”. “Moltiplica”.
“Stana”. “Fai piazza pulita...
Ed entrano anche nei libri, scrive Conrad in Cuore di tenebre:
... “Sterminare tutti quei bruti”. Nel racconto di Joseph Conrad, la frase «Sterminare tutti quei bruti» viene dal sofferente Mister Kurtz, di cui il narratore, Marlow, va in cerca. Non sono parole pronunciate ad alta voce: Marlow le trova scarabocchiate nelle ultime pagine di un altisonante rapporto che Kurtz ha scritto per la «Società internazionale per la Redenzione dei selvaggi». Marlow è ipnotizzato da quella frase, che lo fulmina «luminosa e tremenda, come un lampeggiamento in un cielo sereno: “Sterminare tutti quei bruti!”». Nell’allestimento conradiano della scena, questa frase cruciale è presentata come un grido di disperazione, scritto da un uomo bianco stremato dal lungo esilio nel cuore dell’Africa, tra gli abitanti di un paesaggio talmente primitivo che fa pensare «ai primordi del mondo». ...
In realtà, secondo Ghosh, Conrad non fa che ricollocare un pensiero dominante nell'800 e nel '900:
...diventa impossibile dubitare che l’idea di sterminio si annidasse nel cuore della cultura delle élite occidentali del diciannovesimo secolo, e di parte del ventesimo. Vi era connaturata al punto da influenzare la politica governativa ed essere costantemente ribadita dai maggiori statisti...E non si pensi che i progetti di sterminio fossero concepiti da uomini stremati. Quando pianificavano le loro carneficine, erano nel pieno possesso delle loro facoltà; anzi, spesso stavano semplicemente applicando le direttive politiche messe a punto in Europa. Tale sarebbe stato, per esempio, il caso del Kurtz di Conrad. Quanto alla solitudine, non aveva alcun ruolo negli stermini coloniali: gli uomini che li eseguivano non erano mai soli, e quasi sempre agivano con la certezza di godere del sostegno non solo dei loro governi, ma anche degli scienziati, scrittori, poeti, e perfino del clero dei loro paesi....
E oggi?
Oggi in giro per il mondo domina "l'inazione":
...è sempre
piú chiaro che quanti negano la realtà del cambiamento climatico, per esempio
le decine di milioni di persone che hanno votato per il presidente Trump, o in
Brasile per il presidente Jair Bolsonaro, credono nell’inazione, sia riguardo
al cambiamento climatico sia riguardo all’emergenza sanitaria (qui ci si riferisce all'epidemia Covid 19), proprio perché
pensano che a patirne le conseguenze saranno solo persone congenitamente deboli
e vulnerabili. La loro soluzione per entrambi i problemi è estendere le «zone
di sacrificio» dove i poveri e i non bianchi sosterranno il fardello della
crisi planetaria. Non è che un’inedita replica del «conflitto mediante
l’inazione» che contraddistinse le guerre biopolitiche coloniali...
E si aprono altre questioni, ad esempio:
...la cortina fumogena
di numeri che avvolge il cambiamento climatico offre varie opportunità di
manipolare l’opinione pubblica. Il concetto di impronta di carbonio pro capite
ne costituisce un buon esempio. Questo dato, che si calcola dividendo il
complesso delle emissioni di carbonio di una nazione per il totale dei suoi
abitanti, è ormai molto in voga: su internet se ne trovano migliaia di vivide
rappresentazioni, e perlopiú si basano su fonti statunitensi. Esse
invariabilmente attribuiscono le dimensioni dell’impronta pro capite
statunitense a un consumo intensivo, sotto forma di automobili succhiabenzina, uso
eccessivo di energia domestica, dieta ad alto tasso di carne e cosí via. In
quest’ottica il cambiamento climatico diventa una questione di responsabilità
individuale e scelte di consumo...
Quando invece:
... Oggi il
Pentagono è il maggior consumatore di energia degli Stati Uniti, e
probabilmente del mondo. Le forze armate statunitensi mantengono un numero
elevatissimo di veicoli di aria, terra e mare, molti dei quali consumano
quantità enormi di combustibili fossili. Una portaerei non nucleare consuma
21.278 litri di carburante all’ora; in altre parole, queste navi bruciano in un
solo giorno il fabbisogno annuo di carburante di una cittadina del Midwest. Ma
un solo caccia F-16 consuma in un’ora un terzo di tale quantità, circa 6500
litri. E se sono azionati anche i postbruciatori, il consumo orario è di due
volte e mezzo superiore a quello di una portaerei: 54.500 litri. L’aviazione
statunitense possiede un migliaio di F-16, e non sono che una piccola parte
della loro flotta aerea. Ovviamente anche i carri armati, i blindati e gli
Humvee abbisognano di grandi quantità di carburante. E in tempo di pace questi
mezzi non restano fermi: molti vengono utilizzati di continuo, non solo per
l’addestramento e la manutenzione, ma anche perché le novecento installazioni
militari all’interno del paese devono tenersi in contatto con una rete di circa
mille basi in altre nazioni...
...Il mantra
di Thunberg potrà anche essere «Ascoltate la scienza», ma non è certo stato
quel mantra a guadagnarle milioni di seguaci in tutto il pianeta: si tratta piú
probabilmente del fatto che lei ricorda – forse senza volerlo – figure
redentrici archetipiche come Giovanna d’Arco. E questo è già di per sé
significativo dell’ansia sempre piú profonda con cui la crisi planetaria viene
vissuta ovunque, anche da scienziati solitamente cauti che per molto tempo
hanno cercato di non sembrare allarmisti. Ma ora non piú. Nel febbraio 2020
Will Steffen, uno dei climatologi piú stimati al mondo, ha dichiarato in
un’intervista che l’umanità aveva «già imboccato la traiettoria verso il
collasso». Un altro scienziato di primo piano, Hans Joachim Schellnhuber, ha
aggiunto: «Esiste il grandissimo rischio che la nostra civiltà stia giungendo
al capolinea. In qualche modo la specie umana sopravvivrà, ma distruggeremo
quasi tutto quel che abbiamo costruito negli ultimi duemila anni».
A chiunque presti attenzione, soprattutto ai giovani, è perfettamente chiaro
che il capitalismo estrattivista è ormai alla frutta, e che la sua fine è
dovuta al venir meno dell’orizzonte stesso su cui si fonda la sua esistenza: il
futuro. Quando il futuro diventa radicalmente incerto, nulla funziona piú:
assicurazioni, quote azionarie, credito, dividendi, perfino il denaro (che
dopotutto è un insieme di cambiali che qualcuno deve riscuotere)...
Una lettura interessante!