mercoledì 20 settembre 2023

 Abbiamo intossicato Gaia

 

...Dal 1964 al 2012, ha occupato la prestigiosa scrivania di curatore della sezione di paleontologia degli invertebrati all’American Museum of Natural History di New York, circondato da armadi ricolmi di fossili di trilobiti, artropodi estinti da 250 milioni di anni. Tra i maggiori evoluzionisti viventi, Niles Eldredge ha contribuito a innovare la spiegazione della storia naturale proponendo nel 1972, insieme al collega
Stephen J. Gould (1941-2002), la teoria degli equilibri punteggiati. 
Una intervista:
...Non credo però che la specie umana abbia il potere di uccidere Gaia.
 
«Questo è chiaro. Se non sapremo usare le nostre capacità culturali per coesistere con il resto di Gaia, periremo, mentre Gaia continuerà a vivere e non sentirà affatto la nostra mancanza. Il punto è che siamo sempre più ripiegati su noi stessi. Il nostro “ambiente” è costituito per il 99 per cento da altre persone, più gli iPhone, le automobili, le incombenze quotidiane. Rinneghiamo la nostra appartenenza alla casa naturale, relegandola ormai a panorami vacanzieri e film naturalistici. O, all’opposto, vedendola come un sempre più pericoloso nemico. Distruggiamo gli ecosistemi locali per costruire città in un batter d’occhio. Tendiamo ancora a pensare che la Bibbia avesse ragione nel dichiarare che le ricchezze fisiche e biologiche di Gaia sono state messe lì da un immaginario Onnipotente espressamente per il nostro uso. E, nella nostra fretta di depredare queste ricchezze, non ci preoccupiamo delle estinzioni, che si accumulano con la stessa rapidità della nostra crescita. Abbiamo avvelenato e sfigurato Gaia».
 

 

...Dovesse spiegarlo in poche righe, in cosa consiste l’attuale collasso ambientale?
 
«Nel fatto che gli orribili effetti tossici del riscaldamento globale, causato delle emissioni di CO2 derivanti dai combustibili fossili, si stanno intrecciando agli altri fattori che portano all’estinzione della biodiversità, cioè la deforestazione, l’inquinamento, la caccia e la pesca eccessive. Il futuro che avevamo paventato è adesso: bolle di calore e siccità sconvolgenti; incendi di foreste che inviano nuvole di inquinamento su interi continenti; piogge torrenziali e inondazioni, più simili a quelle che ci aspettiamo ai tropici che a New York o a Milano; fallimenti mostruosi dei raccolti; lo sbiancamento (cioè l’uccisione) delle barriere coralline».

Qual è la connessione tra la crisi ambientale e l’insicurezza sociale?
 
«Il cambiamento climatico destabilizza le nostre istituzioni sociali, costringendo a migrazioni di massa e intensificando i conflitti internazionali. Le carestie, le guerre e le malattie sono note fin dai tempi biblici, ma tutte e tre si stanno improvvisamente amplificando e intensificando, diventando sempre più frequenti. Dobbiamo frenare il nostro insaziabile bisogno di crescita e distribuire in modo più equo le risorse per tutte le persone sulla Terra».

In Italia siamo preoccupati per la denatalità, ma si parla poco dell’insostenibilità demografica della nostra specie a livello planetario.
 
«Il mio primo mentore, l’antropologo Marvin Harris, negli anni sessanta mi disse: “È tutta una questione di soldi e di terra, Niles”. Ora che siamo diventati veramente globali, con una popolazione di otto miliardi di persone, la competizione per le risorse, soprattutto per la terra coltivabile, si è intensificata. Siamo diventati meravigliosamente abili nell’inventare nuovi giocattoli intelligenti, ma
non abbiamo affrontato le inclinazioni competitive profonde insite nella nostra origine animale».

Perché un evoluzionista si occupa di questioni ambientali?
 
«Perché la biologia evoluzionistica ci insegna l’appartenenza al resto della natura. La discendenza con modificazioni è alla base dell’attuale diversità della vita. Facciamo tutti parte dello stesso albero genealogico, di un modello ramificato di speciazioni, stasi ed estinzioni che collega tutte le forme di vita. Inoltre, l’evoluzione ci insegna che la vita su Gaia è organizzata in due sistemi distinti: uno genealogico; l’altro economico. Le specie, i generi, le famiglie e così via sono, da un lato, registrazioni di ciò che è accaduto nella storia passata della vita: pacchetti di informazioni genetiche su larga scala. Ma la maggior parte della vita degli organismi multicellulari, come noi, non è dedicata alla riproduzione, bensì alle attività vitali dell’esistenza: rimanere vivi, procurandosi la materia e le sostanze nutritive necessarie per svilupparsi, allontanare i predatori e le malattie. La riproduzione è l’unico processo fisiologico non assolutamente necessario per un organismo per essere vivo. Questo è il lato economico della vita: ecosistemi localizzati in cui l’energia scorre costantemente tra piante e animali».

...Possiamo immaginare uno scatto evolutivo che possa farci uscire da questa situazione complicata?
 
«Soffriamo di una miopia che limita il nostro sguardo personale a circa due generazioni e mezzo. Pensiamo: “Per allora sarò morto, anche se potrei preoccuparmi dei miei figli e dei loro figli”. Tranne poche eccezioni, la cura per il futuro non ha una ricca tradizione in nessuna delle culture umane che ho incontrato. Quindi ci facciamo cogliere del tutto impreparati dall’improvviso arrivo degli aspetti più critici del cambiamento climatico. Ci manca la volontà morale collettiva di usare la nostra coscienza. Dobbiamo essere più consapevoli degli effetti del nostro trattamento egoistico e negligente di Gaia. Secondo me, siamo molto più intelligenti di quanto abbiamo finora imparato a essere».

Liberamente tratto da "La Lettura" - Corriere della Sera - 17/09/23
 
Foto di G. Scotto di Clemente