mercoledì 12 luglio 2023

 Cibo, biodiversità e pesca in mare le strade opposte di politica e scienza

Da "La Stampa" - 12/07/23

Cosa si vota al Parlamento europeo? La legge sulla tutela della biodiversità. Cosa si decide al Parlamento europeo? La nostra idea di mondo e di futuro. Se preferiamo il breve periodo al lungo, la nostra generazione alle successive. Può sembrare una stima esagerata per una legge europea, certo, perché non è la burocrazia che decide le sorti del mondo. Ma è anche vero che le leggi impostano nuove visioni e viceversa: una nuova legge esprime lo spirito del tempo di una comunità e ne conserva l'eredità. È il caso della Nature restoration law, che fa parte del pacchetto di misure green che la Commissione europea ha proposto come spina dorsale per la ripartenza post-pandemica.
Cosa prevede la legge Andiamo con ordine: la "legge per il ripristino della natura" imporrebbe agli Stati membri di difendere almeno il 20% dei territori e dei mari europei, il 15% dei fiumi e la realizzazione di progetti ad alta biodiversità in almeno il 10% delle aree agricole. Secondo la Commissione sono soglie fondamentali per restituire alla natura il giusto spazio per rafforzarsi e diventare più resiliente e capace di assorbire gas serra. La "rinaturalizzazione" è una delle strategie migliori per far fronte all'aumento dei disastri naturali. Significa lasciare più spazio alla vegetazione, ai boschi, alle zone umide, alle torbiere, così come alle riserve fluviali e ai fondali marini. Ma significa anche non intervenire negli habitat, investire per proteggere la flora e la fauna selvatica e garantire che la biodiversità ritorni a livelli adeguati. Dobbiamo proteggere le api, i pesci, le rane, le rondini e persino gli orsi.
Seimila scienziati da tutto il continente hanno firmato una lettera aperta che chiede ai parlamentari europei di votare in favore della legge, offrendo un chiaro fact-cheking contro chi la critica. Una natura in salute significa un futuro in salute.

(...) Ma l'opposizione alla legge fa parte di un braccio di ferro politico a livello europeo. Negli scorsi mesi sono stati presentati diversi emendamenti da parte del Partito popolare europeo (Ppe), che ha sfruttato la legge per minare dall'interno la maggioranza "Ursula" (tra Ppe e l'alleanza dei Socialisti e Democratici) e prepararsi così il terreno delle nuove alleanze in vista delle elezioni europee 2024. Il Consiglio affari energia l'aveva approvata a fatica meno di un mese fa, ma ben sette Paesi hanno votato contro. Tra loro anche l'Italia, che si è opposta apertamente alla Restoration Law. Il ministero dell'Ambiente ha motivato la scelta sostenendo che la legge è «inapplicabile e insostenibile per le categorie interessate, agricoltura e pesca». Anne Sander, europarlamentare francese nelle file del Ppe, ieri ha cavalcato l'onda del dissenso: «È stata pensata male, è ideologica e lontanissima dalla realtà».
 

Scelta per il futuro



 


I dati però dicono il contrario: per l'Agenzia ambientale europea, ben l'81% dei territori naturali versano in pessime condizioni. In alcune zone d'Italia la situazione è ancora peggiore, come mostrano le analisi del Wwf: nell'ecoregione padana il 100% degli ecosistemi sono a rischio. Ed è proprio questo il principale rischio per la sicurezza alimentare europea: la perdita di biodiversità, in particolare di insetti impollinatori, unita alla cementificazione, all'uso massiccio di composti chimici e pesticidi. A cui si aggiunge l'effetto moltiplicatore del cambiamento climatico. Ripristinare gli ecosistemi rende i territori più pronti a reagire di fronte alle frustate dell'emergenza climatica, ovvero l'alternanza estrema tra siccità e piogge intense. Non significa tornare all'Età della pietra, ma abbiamo visto come una gestione iper-tecnica della terra (e iper-chimica) non sia una soluzione efficace a lungo termine. La natura non può essere soggetta a monopolio umano.
Ed è proprio questo concetto che la Restoration Law vuole portare nel dibattito dei cittadini europei: siamo in grado di superare la miopia del breve periodo per proiettare la nostra comunità (e la nostra specie) nel futuro? Una legge non basta, certo ma è l'inizio di un percorso, di un fondamentale cambio di paradigma. Non ha più senso ragionare per mandati politici, piegando le esigenze del Pianeta alle agende dei partiti e delle alleanze. Dovremmo diventare "buoni antenati" delle future generazioni, come scrive il filosofo australiano Roman Krznaric e come ripete il commissario Ue per il clima Frans Timmermans. Salvare la biodiversità da noi stessi, per garantire un futuro, una casa, del cibo a chi arriverà dopo.

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