giovedì 2 gennaio 2014

Il progetto EPICA - (European Project for Ice Coring in Antarctica)

Il testo è tratto dall'articolo di ValterMaggi.

Tra il 1999 ed il 2004 con il progetto EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica), a Dome C presso la Stazione Italo-francese Concordia una località in mezzo all’Antartide Orientale a 1100 km dalla Stazione di Ricerca Italiana “Mario Zucchelli”, sono stati perforati 3300 m di ghiaccio, raccogliendo, il ghiaccio più vecchio mai studiato di circa 800.000 anni. EPICA è un progetto Europeo che ha impegnato 10 nazioni, tra cui l’Italia.
La lezione che ci arriva dal carotaggio EPICA è quella di un un clima che cambia in funzione anche di fenomeni naturali. Nel passato, si sono verificati periodi di grande espansione dei ghiacciai continentali  fino a coprire per intero la parte Settentrionale del Nordamerica, la Scandinavia, metà della Gran Bretagna, e parte dell’Europa centro-settentrionale, sono periodi chiamati glaciali o glaciazioni. Le Alpi erano quasi completamente coperte da ghiacciai che scendevano lungo le valli uscendo in alcuni casi nelle piane circostanti, come la Pianura Padana, e tutte le grandi catene montuose del Mondo presentavano ghiacciai che si estendevano per centinaia di chilometri, dove oggi sono invece limitati nelle parti più interne delle valli. Queste espansioni sono state sostituite da periodi di minima espansione, come quello che stiamo vivendo, chiamati interglaciali, dove i grandi ghiacciai erano, e sono, limitati alle grandi calotte polari. Queste alternanze glaciale/interglaciale hanno una ciclicità di circa 100.000 anni. Si tratta di un periodo molto lungo, causato dal variare, seppur di poco, dell’orbita del nostro Pianeta intorno al Sole (orbita più o meno eccentrica). 

Il clima è come un motore, dove il Sole fornisce il carburante, che muove le varie parti che si chiamano: atmosfera (aria e la sua circolazione), idrosfera (Oceani e correnti), litosfera (i continenti e la sua erosione), biosfera (il fitoplancton marino e le foreste continentali), criosfera (i ghiacciai polari e non ed il ghiaccio marino), ed ultimamente, anche l’antroposfera (l’influenza dell’uomo sul clima). Questi cambiamenti sono registrati nel ghiaccio dell’Antartide, e noi stiamo cercando di estrarre più informazioni possibili. Non è facile, perché queste informazioni sono sottoforma di dati chimici o fisici che vanno interpretati,  hanno subito moltissime trasformazioni, e spesso non sono soltanto labili variazioni di qualcosa di ancora poco noto.

I proxy data e le misure in carote di ghiaccio

Le misure chimiche e quelle dei gas, rappresentano esattamente la composizione originale dell’atmosfera del passato. Ad esempio solfati, cloruri, nitrati ed altri composti che vengono misurati in un pezzo di ghiaccio di 20.000 anni, presenta le stesse concentrazioni dell’atmosfera che ha cristallizzato la neve proprio 20.000 anni fa. Lo stesso per i gas nelle bolle d’aria contenute nel ghiaccio, che rappresenta la composizione dell’atmosfera nel momento in cui si è formata la bolla d’aria. Più difficile diventa per le misure fisiche, esempio su tutti la temperatura, che non può essere direttamente registrata nel ghiaccio.
In questo caso dobbiamo ricostruire quello che viene chiamato un proxy della temperatura, cioè una misura diversa che però mi permetta di arrivare a ricostruire le temperature del passato. E’ stato infatti osservato che gli isotopi stabili dell’Ossigeno, come quelli dell’Idrogeno, variano la loro composizione isotopica in funzione della temperatura.
Gli isotopi sono fatti dallo stesso elemento con una massa totale diversa, per esempio il nucleo dell’ossigeno può contenere 8 protoni più 8 neutroni, oppure 8 protoni più 9 neutroni, oppure 8 protoni più 10 neutroni. Sempre si ossigeno si tratta, ma la somma dei protoni e neutroni rappresenta la massa atomica che determina l’isotopo; per l’ossigeno infatti abbiamo l’isotopo 16 (8+8, che si scrive 18O), l’isotopo 17 (8+9, 17O) e l’isotopo 18 (8+10, 18O).
La stessa cosa avviene per l’idrogeno che però ha solo due masse stabili 1H e 2H (detto deuterio, D). In natura si trova per un buon 98% di 16O ed circa 2% di 18O (il 17O e ancora più scarso e quindi non utilizzato per questi lavori).
Per l’idrogeno è poi ancora più estrema la differenza dato che 1H rappresenta oltre il 99.8% in natura ed il rimanente 0,2 è 2H o D. In entrambi i casi (ed è passibile usare entrambe le tecniche) il rapporto tra gli isotopi è proporzionale alla temperatura di formazione del cristallo di neve. Dato che la molecola di ghiaccio (acqua solida) è H2O, gli idrogeni o l’ossigeno, normalmente rappresentati da 16O e 1H i più abbondanti, possono essere sostituiti con isotopi più pesanti come il 18O o il D. 
 
Questa sostituzione, e quindi il rapporto tra gli isotopi, è proporzionale alla temperatura della massa di vapore acqueo che va a formare la neve: maggiore è la temperatura del vapore d'acqua maggiore è la presenza degli isotopi più pesanti sia dell'ossigeno che dell'idrogeno nelle molecole di acqua. E’ quindi la struttura intima della molecola dell’acqua che racchiude in se le informazioni che servono per la ricostruzione del clima del passato.


La storia climatica degli ultimi 800.000 anni del Pianeta Terra

Se osserviamo le registrazioni ottenute dalla carota di ghiaccio di EPICA possiamo vedere che esiste una regolare alternanza della temperatura di circa 10-12°C ogni 100.000 anni che rappresenta quella ciclicità dell’eccentricità dell’orbita solare che modula il clima del nostro pianeta. Le alternanze caldo/freddo rappresentano proprio le differenze di irraggiamento solare che avvengono con questa frequenza. Questa fa capire come esiste un’intima relazione tra il nostro Sole ed il sistema climatico del nostro Pianeta.
E’ quindi evidente che nella loro semplicità queste variazioni, non solo renderebbero chiari i cambiamenti climatici, ma permetterebbero possibili previsioni future. Però, come già detto, esistono numerosi modulatori interni al clima stesso, che vanno ad interferire con questi meccanismi, rendendo molto più complessa l’interpretazione dei dati. 


 
Un esempio lo leggiamo proprio nelle registrazioni di EPICA dove si osserva come gli ultimi 5 periodi caldi (gli interglaciali da oggi fino a circa 420.000 anni fa), sembrano essere tutti simili come intensità, con valori di temperatura che sono uguali o superiori (fino a circa 2°C superiori) a quelli dell’Olocene (l’interglaciale in atto che dura da circa 11.000 anni). Se invece andiamo più indietro nel tempo, precedentemente ai 420.000 anni fino in fondo agli 800.000 anni, osserviamo che i periodi caldi sembrano essere molto meno intensi, con valori di temperatura inferiori a quelli Olocenici. Anche se potrebbe essere spiegato con una minore influenza del Sole sulla Terra, cioè una variazione dei parametri orbitali, questo però non è possibile, dato che i cicli dei parametri orbitali sono fissi da quando il Sistema Solare ha la configurazione attuale, cioè da molti milioni di anni. Inoltre osserviamo, sempre dalle registrazioni di EPICA, che i periodo freddi, le glaciazioni, sembra invece mantenere temperature più o meno simili per tutti gli 800.000 anni. Sembra quindi che nel passato ci sia stata una rivoluzione climatica nei periodo caldi interglaciali ed una situazione di normalità in quelli freddi glaciali. Si tratta di una discrepanza che non è facile comprendere ed infatti è diventata una delle sfide prossime per gli studi paloclimatici sul nostro pianeta. Capire questa rivoluzione climatica vuol dire aggiungere un altro tassello alla comprensione su come funziona il clima del Pianeta Terra.


Non soltanto le temperature, ma anche tutti gli altri componenti atmosferici presentano questo stesso comportamento.

 Infatti i principali gas serra misurati proprio nelle carote di ghiaccio mostrano gli stessi andamenti. Sia l’anidride carbonica (CO2) che il metano (CH4) si comportano in modo completamente parallelo con le registrazioni delle temperature. La CO2 mostra dei minimi di concentrazione durante i periodi freddi glaciali, con valori tra i 180 e 200 parti per milione in volume (ppmv), ed i massimi di concentrazione, con valori tra i 280 ed i 300 ppmv. Lo stesso per il metano ma con valori decisamente inferiori, da 300 a 350 parti per miliardo in volume (ppbv) durante i glaciali, e da 700 a 750 ppbv per i periodo caldi.

 Da notare che i valori di gas serra registrati negli ultimi 800.000 anni prima dell’era industriale, sono nettamente inferiori a quelli che si registrano oggi a seguito delle emissioni umane. Oggi infatti le emissioni degli ultimi 2 secoli, hanno portato la concentrazione di CO2 a circa 390 ppmv, un 30% in più del massimo valore interglaciale, e per il CH4 un valore di oltre 1800 ppbv che rappresenta un aumento di quasi il 200% dei valori preindustriali. Quindi, ancora una volta, il ghiaccio di ghiacciaio è un’importante archivio di informazioni climatiche, che permette di interpretare con chiarezza le variazioni ed i cambiamenti in corso.






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