...."Il posto più freddo sulla Terra non è, come potreste pensare, il Polo Sud, ma un luogo che si trova nel mezzo dell'Antartide orientale, a circa 1300 chilometri dal Polo. Lì, le temperature invernali arrivano regolarmente a diverse decine di gradi sotto lo zero, ed è stata registrata la temperatura più bassa sulla Terra il 21 luglio 1983:
-89,2°. A temperature cosi basse l'acciaio va in frantumi e bisogna tagliare il carburante diesel con la sega elettrica.
Il freddo estremo congela tutta l'umidità nell'aria, e assieme ai forti venti incessanti rende l'Antartide orientale il posto probabilmente più inospitale del pianeta.
Ma non è sempre stato un luogo così ostile.
Il continente Antartide una volta
era parte di un supercontinente chiamato
«Gondwana», che in effetti si trovava vicino all'Equatore. Era coperto da una fitta vegetazione
di pteridospermatofite (felci arboree con semi), alberi di
Ginkgo biloba e cicadi, di cui si nutrivano i
dinosauri e altri rettili erbivori, come il
Lystrosaums, una sorta di rinoceronte
rettiliano.
Ma circa ottanta milioni di anni fa il supercontinente iniziò a dividersi, e un frammento si spostò lentamente verso sud, finché arrivò sul Polo Sud e divenne l'Antartide che conosciamo ora.
Poi, circa 65 milioni di anni fa, un enorme asteroide colpì la Terra, liberandola dai dinosauri e da tutti i rettili giganti, e lasciando libera la nicchia ecologica che permise ai mammiferi, a sangue caldo, di diventare dominanti.
Nonostante l'Antartide fosse
molto lontana dal sito dell'impatto, la flora e la fauna del
continente furono radicalmente alterate, e le felci e le cicadi
furono sostituite da foreste decidue, abitate da marsupiali ora
estinti, rettili e uccelli, inclusi dei pinguini giganti.
Nelle
valli, fiumi impetuosi e laghi profondi brulicavano di pesci e
artropodi.Ma con il
calare del livello dei gas dell'effetto serra, nell'Antartide si
abbassò anche la temperatura. Le correnti oceaniche favorirono il
raffreddamento e, circa 34 milioni di anni fa, le acque di superficie
dei fiumi e dei laghi iniziarono a congelarsi in inverno.
Poi, circa
15 milioni di anni fa, il ghiaccio smise di sciogliersi in estate,
stringendo laghi e fiumi sotto una cappa perenne di ghiaccio.
Con il
continuo raffreddamento del pianeta, ghiacciai imponenti avanzarono
sull'Antartide, provocando l'estinzione di tutti i suoi mammiferi, i
suoi rettili e gli anfibi terrestri, rivestendo la terra, i fiumi e i
laghi di giganteschi strati di ghiaccio, spessi molti chilometri.
Da
allora, l'Antartide è bloccata nel ghiaccio.
Solo nel XIX secolo un essere umano - il cacciatore di foche John Davis -
posò per primo il piede sul continente; e solo nel secolo seguente
iniziarono gli insediamenti stabili, quando diverse nazioni si
precipitarono a stabilire concessioni territoriali, costruendo
stazioni di ricerca sul continente.
La prima stazione sovietica in
Antartide, Mirnij, venne insediata vicino alla costa il 13 febbraio
1956, e da lì, due anni dopo, partì una spedizione verso l'interno
del continente, con l'obiettivo di stabilire una base sul polo
magnetico.
La spedizione fu tormentata da tempeste di neve, neve
farinosa, freddo intenso (-55°) e carenza di ossigeno, ma alla fine
arrivò al polo sud magnetico il 16 dicembre, durante l'estate
dell'emisfero australe, e vi stabilì la stazione Vostok.
Da allora,
quella base di ricerca è abitata quasi costantemente da un'equipe di
scienziati e tecnici, in numero variabile tra dodici e venticinque,
che si occupano di misure geomagnetiche e atmosferiche. Uno degli
scopi principali della stazione di ricerca è perforare lo strato
sottostante per raccogliere dal ghiaccio testimonianze del clima del
passato eseguendo carotaggi.
Negli anni settanta i tecnici estrassero
carote di ghiaccio dalla profondità di 952 metri, raggiungendo il
ghiaccio che si era creato durante l'ultima era glaciale, decine di
migliaia di anni fa.
Negli anni ottanta arrivarono nuove attrezzature
e i ricercatori riuscirono a raggiungere una profondità di 2002
metri.
Nel 1998 i ricercatori riuscirono a estrarre campioni a 3623
metri di profondità, toccando uno strato di 420000 anni fa.
Ma poi
smisero di scavare, perché avevano trovato qualcosa di strano vicino
al fondo del pozzo trivellato.
Già qualche decennio prima, nel 1974,
si era scoperto che c'era qualcosa di inusuale sotto la stazione
Vostok; un'analisi sismica della regione, fatta dagli inglesi, aveva
rivelato anomalie in una vasta area di quasi diecimila chilometri
quadrati, a circa 4 chilometri sotto la superficie.
Il geografo russo
Andrej Petrovic Kapica suggerì che l'anomalia, scoperta dal radar,
fosse un enorme lago intrappolato nel ghiaccio, la cui temperatura,
sufficiente a mantenerlo liquido, era dovuta all'enorme pressione del
ghiaccio che premeva dall'alto e all'energia geotermica dal basso.
La
spiegazione di Kapica fu alla fine confermata nel 1996 da misure
satellitari, che rivelarono un lago profondo fino a 500 metri (dalla
cima della superficie liquida al fondo), grande quanto il lago
Ontario (circa 20000 chilometri quadrati). Lo chiamarono lago Vostok.
Con un
lago preistorico sepolto sotto il ghiaccio, le operazioni di
carotaggio alla stazione Vostok assunsero tutta un'altra rilevanza,
perché si stava arrivando in un ambiente unico.
Il lago Vostok era
isolato dalla superficie terrestre da centinaia di migliaia di anni,
forse milioni, un mondo perduto.
Cos'era successo a tutti
quegli animali, piante, alghe e microbi che popolavano il lago prima
che venisse sigillato, racchiudendo al suo interno organismi che
magari erano sopravvissuti al freddo e al buio assoluti?
La vita si
era completamente estinta, oppure alcune creature erano sopravvissute
e si erano adattate a vivere a diversi chilometri sotto la superficie
del ghiacciaio?
Questi organismi avrebbero dovuto far fronte a un
ambiente estremo: freddo intensissimo e buio totale, un bacino
d'acqua sottoposto alla pressione dello spesso strato di ghiaccio
sovrastante, più di trecento volte la pressione di qualunque lago di
superficie.
Tuttavia, diverse forme di vita riescono
sorprendentemente a ritagliarsi uno scampolo di esistenza in luoghi
impossibili, come la bocca di un vulcano, rovente e sulfurea, laghi
acidi, e perfino fosse oceaniche profonde e buie, migliaia di metri
sotto la superficie dell'acqua.
Forse anche il lago Vostok riusciva a
sostenere il suo ecosistema di «estremofili».
La
scoperta di un lago sotto il ghiaccio divenne ancora più
significativa grazie a un'altra rivelazione, a circa 600 milioni di
chilometri di distanza, fatta nel 1980 dalla sonda spaziale Voyager 2
che fotografò la superficie di Europa, una delle lune di Giove,
rivelando una superficie ghiacciata con chiari segnali di un oceano
liquido sottostante.
Se la vita poteva sopravvivere per centinaia di
migliaia di anni in acqua sepolte per chilometri sotto un ghiacciaio
antartico, forse anche gli oceani sommersi di Europa contenevano vita
aliena.
La ricerca di segni di vita nel lago Vostok divenne allora
una prova generale per la molto più eccitante ricerca di vita al di
fuori del nostro pianeta.
Gli scavi
furono interrotti nel 1996, appena 100 metri sopra la superficie del
lago, per impedire alle sue acque incontami nate di venire a
contatto con la punta della trivella, satura di cherosene,
potenzialmente inquinato con piante, animali, mi crobi e
composti chimici provenienti dalla superficie.
Le acque del lago
Vostok erano comunque già state studiate con carote di ghiaccio
estratte in precedenza.
Le correnti termali muovono l'acqua del lago,
così che, subito sotto il suo tetto di ghiaccio, c'è un continuo
ciclo di acqua che si congela e si scioglie.
Questo processo va
avanti da quando il lago è stato isolato, quindi il suo tetto è
costituito non di acqua del ghiacciaio, ma di acqua del lago
congelata che si estende per decine di metri al di sopra della
superficie liquida del lago.
Le trivellazioni precedenti erano
penetrate fino a questo livello, e nel 2013 venne pubblicato il primo
dettagliato resoconto dell'analisi delle carote.
La
conclusione dell'articolo era che il lago isolato contiene una
complessa rete di organismi, tra cui batteri, funghi e protozoi,
assieme ad animali più complessi come molluschi, vermi, anemoni e
perfino artropodi. Gli scienziati sono riusciti a identificare il
tipo di metabolismo usato da queste creature, e anche la loro
probabile ecologia e il tipo di ecosistema che si è creato.
Ciò che
vogliamo mettere in evidenza qui non sono le forme di vita nel lago
Vostok, indiscutibilmente affascinanti, ma il modo in cui un
ecosistema riesce a sopravvivere, isolato per migliaia o milioni di
anni. Vostok può essere considerato un microcosmo della Terra,
anch'essa quasi totalmente isolata da influenze esterne, a parte i
fotoni solari, per quattro miliardi di anni, eppure con un ecosistema
ricco e diversificato, sopravvissuto a catastrofi grandiose, come
enormi eruzioni vulcaniche, impatti di asteroidi e radicali
cambiamenti climatici.
Come fa la vasta complessità della vita a
prosperare e resistere a cambiamenti estremi nel suo ambiente, per
migliaia o perfino miliardi di anni?
Un indizio
proviene dal materiale studiato dall'equipe di biologi a Vostok, in
particolare da alcuni microgrammi di un composto chimico estratto
dalle acque ghiacciate del lago, cruciale per la continuità e la
diversità della vita sul nostro pia neta, che contiene la
molecola più straordinaria dell'universo intero.
Si chiama dna.
Il gruppo
che ha studiato il dna a Vostok è basato alla Bowling Green State
University negli Stati Uniti.Per decifrare la sequenza di milioni di
frammenti di molecole di dna raccolte dalle acque del lago, i
ricercatori usarono il tipo di tecnologia già usata in precedenza
per sequenziare il genoma umano.
Poi confrontarono il dna di Vostok
con basi di dati che contengono sequenze di geni provenienti dai
genomi di migliaia di organismi raccolti in tutto il mondo.
Scoprirono che molte delle sequenze di Vostok erano identiche,
o molto vicine, ai genomi di batteri, funghi e artropodi che vivono
in altri luoghi, in particolari nei laghi freddi e nelle fosse
oceaniche più profonde: ambienti simili al lago Vostok, insomma.
Da
queste similarità genetiche gli scienziati fecero ipotesi sulla
natura e il comportamento del tipo di organismi che avevano lasciato
la loro impronta genetica sotto il ghiaccio.Ma
ricordiamo che gli organismi di Vostok sono isolati da centinaia di
migliaia di anni.
La similarità delle loro sequenze di dna a quelle
di organismi che vivono sopra il ghiaccio è dovuta a qualche
antenato comune, un organismo che viveva tra la flora e la fauna
dell'Antartide prima che il lago e i suoi abitanti venissero
sigillati nel ghiaccio.
Le sequenze genetiche dell'antenato erano
state quindi copiate, indipendentemente sopra e sotto il ghiaccio,
per migliaia di generazioni. Eppure, nonostante la lunga catena di
migliaia di copie, le versioni degli stessi geni sono rimaste quasi
identiche.
In qualche modo, la complessa informazione genetica che
determina la forma, le caratteristiche e la funzione degli organismi
viventi sopra e sotto il ghiaccio è stata fedelmente trasmessa, con
pochissimi errori, per centinaia di migliaia di anni.
Questa
abilità che ha l'informazione genetica di replicare se stessa
fedelmente da una generazione alla successiva (ciò che chiamiamo
«ereditarietà genetica») è, naturalmente, fondamentale per la
vita.I geni, scritti nel dna, codificano per le proteine e gli
enzimi che, per mezzo del metabolismo, costruiscono ogni biomolecola
di ogni cellula vivente, dai pigmenti fotosintetici delle piante e
dei microrganismi ai recettori olfattivi degli animali, alla
misteriosa bussola degli uccelli, e, in pratica, a ogni
caratteristica di ogni organismo vivente.
Molti biologi di fatto
indicherebbero questa autoreplicazione come la caratteristica
fondamentale che definisce la vita.
Gli organismi viventi non
riuscirebbero a replicare se stessi se non fossero capaci di
replicare, come prima cosa, le istruzioni per replicare se stessi.
Quindi, il processo dell'ereditarietà (la riproduzione ad alta
fedeltà dell'informazione genetica) è ciò che rende la vita
possibile....
La questione
dell'ereditarietà (come fa l'informazione genetica a trasmettersi
con tale precisione da una generazione alla successiva) fu
fondamentale per convincere Erwin Schròdinger che i geni sono entità
quantomeccaniche.
Aveva ragione? Dobbiamo ricorrere alla
meccanica quantlstica per spiegare l'ereditarietà?
Questa è la
domanda che affronteremo ora...."
Questo testo è stato liberamente adattato da:
J.Al-Khalili, J McFadden, La fisica della vita, Bollati
Boringhieri, 2015, pagg.217,222
affronta molte questioni non del tutto risolte della Biologia molecolare e soprattutto cerca di individuare come la teoria della meccanica quantistica possa spiegarle.