giovedì 11 settembre 2025

 "Scrivo i necrologi dei ghiacciai. Muoiono nel silenzio globale"

Da "La Stampa" - 11/09/2025
 
«Sono diventato il poeta che scrive i necrologi dei ghiacciai». Lo ammette Andri Snær Magnason, scrittore islandese. Nel 2019, insieme a scienziati e attivisti, ha organizzato il funerale del Okjökull, uno dei più celebri d'Islanda, il primo dell'isola a essersi completamente sciolto. La lapide in cima alla montagna è una lettera per il futuro che recita così: 
"Questo è un monumento per dimostrare che sapevamo ciò che stava succedendo e ciò che era necessario fare. Solo voi sapete se ce l'abbiamo fatta". 
Da quel giorno la stessa targa è stata posta negli ex-ghiacciai di Nepal, Francia, Messico e molti altri
Paesi. 
(...) Come era nata l'idea della targa?
«All'epoca, insieme a due antropologi, ci siamo chiesti: abbiamo monumenti per guerre ed eventi epocali; perché non "segnare" anche ciò che perdiamo nel presente? Okjökull (traduzione dall'islandese: il ghiacciaio dell'Ok) era il luogo perfetto già dal nome. Perché l'Ok non era più "ok", nel senso inglese del termine».
Il clima influenza anche il linguaggio?
«Nel caso del Okjökull la natura ha scelto il luogo giusto per farci capire l'emergenza. Ma il  cambiamento climatico è più rapido delle nostre capacità di adattarci, anche con la comunicazione. Il nostro Paese rischia lo stesso destino: l'Islanda, in inglese Iceland, senza "Ice" (ghiaccio) che nome avrà?». 
(...)L'ultimo epitaffio con le sue parole dove si trova?
«Sul ghiacciaio Yala sull'Himalaya (Nepal), uno dei più studiati, oggi non più considerato ghiacciaio attivo. Rientra tra gli oltre 60.000 che potrebbero scomparire in questo secolo». 
Ilulissat - Groenlandia - luglio 2025

(...)
Guerre e crisi geopolitiche spostano risorse e attenzione. Come fa a resistere, lei?
«Se fossi un complottista direi che le guerre servono a distrarci dalla lotta al cambiamento climatico. Non lo sono, ma è un dato che molti Paesi oggi spostano risorse su difesa e guerra che sarebbero cruciali per adattamento e transizione energetica. Io ho scelto di continuare il cammino: ero tentato anch'io di scrivere di Palestina o Ucraina, ma se non affrontiamo il clima, quelle guerre saranno
il preludio di conflitti futuri. Serve raccontare chi ce la fa. Non eroi mitici, ma modelli in ogni settore dell'economia. Molti pensano "so qual è il problema, ma cosa posso fare?". Ecco: bisogna mostrare strade concrete». — 

giovedì 5 giugno 2025

 Plastica, plastica...

 

Da "Repubblica" - 5/6/2025
 
...Per questo oggi, giorno in cui si celebra la Giornata mondiale dell’Ambiente, il tema centrale in difesa della natura è tornato ad essere la lotta a quell’inquinamento da plastica che, senza decisioni drastiche, secondo le stime dell’Onu triplicherà entro il 2040, riversando ogni anno negli oceani del mondodai 23 ai 37 milioni di tonnellate di rifiuti.
Tenendo conto di quanto i mari già soffrono fra acidificazione, surriscaldamento e perdita di biodiversità, per molti scienziati sarebbe una catastrofe.
Parallelamente, la produzione di plastica sta intanto aumentando le emissioni che provocano la crisi del clima. Ricercatori cinesi lo hanno anche dimostrato: di 400 milioni di tonnellate di plastica prodotte in un anno solo 38 milioni sono stati realizzati con polimeri riciclati, tutto il resto invece è prodotto da fossili come carbone e petrolio che alimentano le emissioni.
E allora si è arrivati al punto che l’unica via possibile per aiutare l’ambiente sia limitare alla base la produzione di plastica. Di questo discutono ormai da anni 100 Paesi impegnati a trovare un’intesa sul “Trattato globale sull’inquinamento da plastica”. 
Ovviamente produttori di combustibili fossili, come Arabia Saudita e Russia, si oppongono all’idea di limitazioni, ma decine di altre realtà tra cui Ue, Corea del Sud o Australia - chiedono invece riduzioni globali che siano giuridicamente vincolanti, oltre all’eliminazione graduale di alcune sostanze chimiche e dei monouso. 
Esattamente fra due mesi, a Ginevra, ci sarà un nuovo round dei negoziati: finora sono tutti falliti e quella svizzera sembra quindi l’ultima spiaggia non solo per aiutare il pianeta, ma anche per dimostrare che il multilateralismo funziona ancora e che, in vista della conferenza sul clima che si terrà a novembre in Amazzonia (COP30), esiste una via alternativa al “trivellare...