venerdì 12 agosto 2016

Scorbuto sul ghiaccio

 

..."Fra i mammiferi, solo i primati, le cavie e i pipistrelli frugivori dell’India richiedono la presenza di vitamina C nella loro dieta. In tutti gli altri vertebrati – per esempio nei canidi e nei felidi – l’acido ascorbico è prodotto nel fegato a partire dallo zucchero semplice glucosio per mezzo di una serie di quattro reazioni, ognuna delle quali è catalizzata da un enzima.
Per questi animali, quindi, l’acido ascorbico non è una necessità della dieta.
È presumibile che a un certo punto lungo il percorso dell’evoluzione umana l’uomo abbia perso la capacità di sintetizzare l’acido ascorbico dal glucosio, a quanto pare perdendo il materiale genetico che ci permetteva di produrre la gulonolattone ossidasi l’enzima necessario per il passo finale in questa sequenza.
Vitamina C - Acido ascorbico

Ancora all’inizio del XX secolo alcuni esploratori delle regioni antartiche credevano che lo scorbuto fosse causato dalla putrefazione di cibo conservato, dall’intossicazione acida del sangue e da infezioni batteriche.
Benché la somministrazione obbligatoria di succo di limone avesse praticamente eliminato lo scorbuto dalla marina britannica già all’inizio dell’Ottocento, benché gli eschimesi delle regioni artiche che mangiavano carne fresca ricca di vitamina C, cervello, cuore e reni di foche non venissero mai colpiti dallo scorbuto, e a dispetto dell’esperienza di numerosi esploratori le cui misure cautelative contro lo scorbuto comprendevano la maggiore quantità di carne fresca possibile nella dieta, il comandante di marina britannico Robert Falcon Scott continuò a credere che lo scorbuto fosse causato da carne guasta.
L’esploratore norvegese Roald Amundsen trattò invece lo scorbuto con grande serietà e fondò la dieta per la sua fortunata spedizione al Polo Sud su carne fresca di foca e di cane.
Nel 1911, il suo viaggio di ritorno dal Polo, di circa 2250 chilometri, ebbe luogo senza malattie o incidenti.
Gli uomini di Scott non furono altrettanto fortunati.
 Il loro ritorno, dopo avere raggiunto il Polo Sud nel gennaio 1912, fu rallentato da un’ondata eccezionale di maltempo. Sintomi di scorbuto, provocati da una dieta priva di cibi freschi e di vitamina C protratta per vari mesi, possono avere gravemente ostacolato i loro sforzi.
A meno di diciotto chilometri da un deposito di cibo e di combustibile erano ormai troppo stremati per proseguire.
Per il comandante Scott e per i suoi compagni di sventura sarebbero bastati pochi milligrammi di acido ascorbico per cambiare il loro mondo....."

Testo liberamente tratto da:
I bottoni di Napoleone, P. Le Couteur J. Burreson, Longanesi


lunedì 1 agosto 2016

Il lago di Vostok e la genetica

...."Il posto più freddo sulla Terra non è, come potreste pensare, il Polo Sud, ma un luogo che si trova nel mezzo dell'Antartide orientale, a circa 1300 chilometri dal Polo. Lì, le temperature invernali arrivano regolarmente a diverse decine di gradi sotto lo zero, ed è stata registrata la temperatura più bassa sulla Terra il 21 luglio 1983: -89,2°. A temperature cosi basse l'acciaio va in frantumi e bisogna tagliare il carburante diesel con la sega elettrica.
 Il freddo estremo congela tutta l'umidità nell'aria, e assieme ai forti venti incessanti rende l'Antartide orientale il posto probabilmente più inospitale del pianeta.
Ma non è sempre stato un luogo così ostile. Il continente Antartide una volta era parte di un supercontinente chiamato «Gondwana», che in effetti si trovava vicino all'Equatore. Era coperto da una fitta vegetazione di pteridospermatofite (felci arboree con semi), alberi di Ginkgo biloba e cicadi, di cui si nutrivano i dinosauri e altri rettili erbivori, come il Lystrosaums, una sorta di rinoceronte rettiliano.
Ma circa ottanta milioni di anni fa il supercontinente iniziò a dividersi, e un frammento si spostò lentamente verso sud, finché arrivò sul Polo Sud e divenne l'Antartide che conosciamo ora.
Poi, circa 65 milioni di anni fa, un enorme asteroide colpì la Terra, liberandola dai dinosauri e da tutti i rettili giganti, e lasciando libera la nicchia ecologica che permise ai mammiferi, a sangue caldo, di diventare dominanti.
Nonostante l'Antartide fosse molto lontana dal sito dell'impatto, la flora e la fauna del continente furono radicalmente alterate, e le felci e le cicadi furono sostituite da foreste decidue, abitate da marsupiali ora estinti, rettili e uccelli, inclusi dei pinguini giganti.
Nelle valli, fiumi impetuosi e laghi profondi brulicavano di pesci e artropodi.Ma con il calare del livello dei gas dell'effetto serra, nell'Antartide si abbassò anche la temperatura. Le correnti oceaniche favorirono il raffreddamento e, circa 34 milioni di anni fa, le acque di superficie dei fiumi e dei laghi iniziarono a congelarsi in inverno.
Poi, circa 15 milioni di anni fa, il ghiaccio smise di sciogliersi in estate, stringendo laghi e fiumi sotto una cappa perenne di ghiaccio.
Con il continuo raffreddamento del pianeta, ghiacciai imponenti avanzarono sull'Antartide, provocando l'estinzione di tutti i suoi mammiferi, i suoi rettili e gli anfibi terrestri, rivestendo la terra, i fiumi e i laghi di giganteschi strati di ghiaccio, spessi molti chilometri.
Da allora, l'Antartide è bloccata nel ghiaccio.
Solo nel XIX secolo un essere umano - il cacciatore di foche John Davis - posò per primo il piede sul continente; e solo nel secolo seguente iniziarono gli insediamenti stabili, quando diverse nazioni si precipitarono a stabilire concessioni territoriali, costruendo stazioni di ricerca sul continente.
La prima stazione sovietica in Antartide, Mirnij, venne insediata vicino alla costa il 13 febbraio 1956, e da lì, due anni dopo, partì una spedizione verso l'interno del continente, con l'obiettivo di stabilire una base sul polo magnetico.
La spedizione fu tormentata da tempeste di neve, neve farinosa, freddo intenso (-55°) e carenza di ossigeno, ma alla fine arrivò al polo sud magnetico il 16 dicembre, durante l'estate dell'emisfero australe, e vi stabilì la stazione Vostok.
Da allora, quella base di ricerca è abitata quasi costantemente da un'equipe di scienziati e tecnici, in numero variabile tra dodici e venticinque, che si occupano di misure geomagnetiche e atmosferiche. Uno degli scopi principali della stazione di ricerca è perforare lo strato sottostante per raccogliere dal ghiaccio testimonianze del clima del passato eseguendo carotaggi.
Negli anni settanta i tecnici estrassero carote di ghiaccio dalla profondità di 952 metri, raggiungendo il ghiaccio che si era creato durante l'ultima era glaciale, decine di migliaia di anni fa.
Negli anni ottanta arrivarono nuove attrezzature e i ricercatori riuscirono a raggiungere una profondità di 2002 metri.
Nel 1998 i ricercatori riuscirono a estrarre campioni a 3623 metri di profondità, toccando uno strato di 420000 anni fa.
Ma poi smisero di scavare, perché avevano trovato qualcosa di strano vicino al fondo del pozzo trivellato.
Già qualche decennio prima, nel 1974, si era scoperto che c'era qualcosa di inusuale sotto la stazione Vostok; un'analisi sismica della regione, fatta dagli inglesi, aveva rivelato anomalie in una vasta area di quasi diecimila chilometri quadrati, a circa 4 chilometri sotto la superficie.
Il geografo russo Andrej Petrovic Kapica suggerì che l'anomalia, scoperta dal radar, fosse un enorme lago intrappolato nel ghiaccio, la cui temperatura, sufficiente a mantenerlo liquido, era dovuta all'enorme pressione del ghiaccio che premeva dall'alto e all'energia geotermica dal basso.
La spiegazione di Kapica fu alla fine confermata nel 1996 da misure satellitari, che rivelarono un lago profondo fino a 500 metri (dalla cima della superficie liquida al fondo), grande quanto il lago Ontario (circa 20000 chilometri quadrati). Lo chiamarono lago Vostok.
Con un lago preistorico sepolto sotto il ghiaccio, le operazioni di carotaggio alla stazione Vostok assunsero tutta un'altra rilevanza, perché si stava arrivando in un ambiente unico.
Il lago Vostok era isolato dalla superficie terrestre da centinaia di migliaia di anni, forse milioni, un mondo perduto.
Cos'era successo a tutti quegli animali, piante, alghe e microbi che popolavano il lago prima che venisse sigillato, racchiudendo al suo interno organismi che magari erano sopravvissuti al freddo e al buio assoluti?
La vita si era completamente estinta, oppure alcune creature erano sopravvissute e si erano adattate a vivere a diversi chilometri sotto la superficie del ghiacciaio?
Questi organismi avrebbero dovuto far fronte a un ambiente estremo: freddo intensissimo e buio totale, un bacino d'acqua sottoposto alla pressione dello spesso strato di ghiaccio sovrastante, più di trecento volte la pressione di qualunque lago di superficie.
Tuttavia, diverse forme di vita riescono sorprendentemente a ritagliarsi uno scampolo di esistenza in luoghi impossibili, come la bocca di un vulcano, rovente e sulfurea, laghi acidi, e perfino fosse oceaniche profonde e buie, migliaia di metri sotto la superficie dell'acqua.
Forse anche il lago Vostok riusciva a sostenere il suo ecosistema di «estremofili».
La scoperta di un lago sotto il ghiaccio divenne ancora più significativa grazie a un'altra rivelazione, a circa 600 milioni di chilometri di distanza, fatta nel 1980 dalla sonda spaziale Voyager 2 che fotografò la superficie di Europa, una delle lune di Giove, rivelando una superficie ghiacciata con chiari segnali di un oceano liquido sottostante.
Se la vita poteva sopravvivere per centinaia di migliaia di anni in acqua sepolte per chilometri sotto un ghiacciaio antartico, forse anche gli oceani sommersi di Europa contenevano vita aliena.
La ricerca di segni di vita nel lago Vostok divenne allora una prova generale per la molto più eccitante ricerca di vita al di fuori del nostro pianeta.
Gli scavi furono interrotti nel 1996, appena 100 metri sopra la superficie del lago, per impedire alle sue acque incontami­ nate di venire a contatto con la punta della trivella, satura di cherosene, potenzialmente inquinato con piante, animali, mi­ crobi e composti chimici provenienti dalla superficie.
Le acque del lago Vostok erano comunque già state studiate con carote di ghiaccio estratte in precedenza.
Le correnti termali muovono l'acqua del lago, così che, subito sotto il suo tetto di ghiaccio, c'è un continuo ciclo di acqua che si congela e si scioglie.
Questo processo va avanti da quando il lago è stato isolato, quindi il suo tetto è costituito non di acqua del ghiacciaio, ma di acqua del lago congelata che si estende per decine di metri al di sopra della superficie liquida del lago.
 Le trivellazioni precedenti erano penetrate fino a questo livello, e nel 2013 venne pubblicato il primo dettagliato resoconto dell'analisi delle carote.
La conclusione dell'articolo era che il lago isolato contiene una complessa rete di organismi, tra cui batteri, funghi e protozoi, assieme ad animali più complessi come molluschi, vermi, anemoni e perfino artropodi. Gli scienziati sono riusciti a identificare il tipo di metabolismo usato da que­ste creature, e anche la loro probabile ecologia e il tipo di ecosistema che si è creato.
Ciò che vogliamo mettere in evidenza qui non sono le forme di vita nel lago Vostok, indiscutibilmente affascinanti, ma il modo in cui un ecosistema riesce a sopravvivere, isolato per migliaia o milioni di anni. Vostok può essere considerato un microcosmo della Terra, anch'essa quasi totalmente isolata da influenze esterne, a parte i fotoni solari, per quattro miliardi di anni, eppure con un ecosistema ricco e diversificato, sopravvissuto a catastrofi grandiose, come enormi eruzioni vulcaniche, impatti di asteroidi e radicali cambiamenti climatici.
Come fa la vasta complessità della vita a prosperare e resistere a cambiamenti estremi nel suo ambiente, per migliaia o perfino miliardi di anni?
Un indizio proviene dal materiale studiato dall'equipe di biologi a Vostok, in particolare da alcuni microgrammi di un composto chimico estratto dalle acque ghiacciate del lago, cruciale per la continuità e la diversità della vita sul nostro pia­ neta, che contiene la molecola più straordinaria dell'universo intero.
Si chiama dna.
Il gruppo che ha studiato il dna a Vostok è basato alla Bowling Green State University negli Stati Uniti.Per decifrare la sequenza di milioni di frammenti di molecole di dna raccolte dalle acque del lago, i ricercatori usarono il tipo di tecnologia già usata in precedenza per sequenziare il genoma umano.
Poi confrontarono il dna di Vostok con basi di dati che contengono sequenze di geni provenienti dai genomi di migliaia di organismi raccolti in tutto il mondo.
Scoprirono che molte delle se­quenze di Vostok erano identiche, o molto vicine, ai genomi di batteri, funghi e artropodi che vivono in altri luoghi, in particolari nei laghi freddi e nelle fosse oceaniche più profonde: ambienti simili al lago Vostok, insomma.
Da queste similarità genetiche gli scienziati fecero ipotesi sulla natura e il comportamento del tipo di organismi che avevano lasciato la loro impronta genetica sotto il ghiaccio.Ma ricordiamo che gli organismi di Vostok sono isolati da centinaia di migliaia di anni.
La similarità delle loro sequenze di dna a quelle di organismi che vivono sopra il ghiaccio è dovuta a qualche antenato comune, un organismo che viveva tra la flora e la fauna dell'Antartide prima che il lago e i suoi abitanti venissero sigillati nel ghiaccio.
Le sequenze genetiche dell'antenato erano state quindi copiate, indipendentemente sopra e sotto il ghiaccio, per migliaia di generazioni. Eppure, nonostante la lunga catena di migliaia di copie, le versioni degli stessi geni sono rimaste quasi identiche.
In qualche modo, la complessa informazione genetica che determina la forma, le caratteristiche e la funzione degli organismi viventi sopra e sotto il ghiaccio è stata fedelmente trasmessa, con pochissimi errori, per centinaia di migliaia di anni.
Questa abilità che ha l'informazione genetica di replicare se stessa fedelmente da una generazione alla successiva (ciò che chiamiamo «ereditarietà genetica») è, naturalmente, fondamentale per la vita.I geni, scritti nel dna, codificano per le proteine e gli enzimi che, per mezzo del metabolismo, costruiscono ogni biomolecola di ogni cellula vivente, dai pigmenti fotosintetici delle piante e dei microrganismi ai recettori olfattivi degli animali, alla misteriosa bussola degli uccelli, e, in pratica, a ogni caratteristica di ogni organismo vivente.
Molti biologi di fatto indicherebbero questa autoreplicazione come la caratteristica fondamentale che definisce la vita.
Gli organismi viventi non riuscirebbero a replicare se stessi se non fossero capaci di replicare, come prima cosa, le istruzioni per replicare se stessi.
Quindi, il processo dell'ereditarietà (la riproduzione ad alta fedeltà dell'informazione genetica) è ciò che rende la vita possibile....
La questione dell'ereditarietà (come fa l'informazione genetica a trasmettersi con tale precisione da una generazione alla successiva) fu fondamentale per convincere Erwin Schròdinger che i geni sono entità quantomeccaniche.
Aveva ragione? Dobbiamo ri­correre alla meccanica quantlstica per spiegare l'ereditarietà?
Questa è la domanda che affronteremo ora...."

Questo testo è stato liberamente adattato da:
J.Al-Khalili, J McFadden, La fisica della vita, Bollati Boringhieri, 2015, pagg.217,222
affronta molte questioni non del tutto risolte della Biologia molecolare e soprattutto cerca di individuare come la teoria della meccanica quantistica possa spiegarle.